Ricordi di guerra

Bombardamento visto dall'alto

In questa perdurante “guerra mondiale a pezzi” la guerra in Ucraina, che ormai dura da un anno, continua a produrre morte e distruzione in chi direttamente è coinvolto e molto sconcerto in chi vive in Europa e soprattutto ha ancora il ricordo delle due grandi guerre del Novecento. Tra noi Suore della comunità di Villa Pace (Bologna) ci sono ancora alcune che ricordano quanto hanno vissuto con la propria famiglia negli anni 1940-1945. Abbiamo raccolto qualcosa dalla loro voce per mettere in luce, a partire dai ricordi vissuti, quanto insensata sia la guerra e quanto sia urgente ricercare la pace tra tutti i popoli.

“Abitavamo nel Comune di Cavarzere (VE) e la nostra casa era vicino a una scuola che era diventata caserma dei soldati tedeschi. Durante l’inverno avevano rotto e bruciato i banchi della scuola per accendere le stufe. Per noi cominciava a diventare pericoloso vivere in quel luogo. Tra loro non tutti erano “cattivi”, ricordo uno che ci aveva fatto vedere la foto dei suoi bambini e nei suoi occhi c’erano lacrime. Nel 1944 venne anche per noi il momento di diventare profughi e fu di grande conforto essere ospitati da una famiglia di conoscenti, più lontana. Ci eravamo portati alcune coperte, ma dormivamo sul pavimento”.

“Eravamo un po’ lontani dal centro di Trissino (VI). Mio papà faceva il mugnaio, avevamo terra da coltivare, un certo numero di animali nella stalla, e con questo alla famiglia abbastanza numerosa non mancava il necessario. Abbiamo vissuto due-tre giorni di paura e sofferenza quando ci fu la ritirata dell’esercito tedesco. Nel loro avanzare operavano “rastrellamento” nelle case, e così anche la nostra casa fu vuotata da tutto ciò che aveva di necessario e di valore”.

“Nelle terre di S. Angelo di Sala (VE) mio padre aveva scavato un rifugio per noi in un campo di pesche. Il nostro fratello maggiore lavorava alla stazione ferroviaria di Padova. Successe che qualcuno aveva aperto un vagone di deportati che erano fuggiti, di conseguenza i soldati tedeschi dovevano ricercare quanto lavoravano nella stazione. Mio fratello rimase per un buon tempo nascosto in un campo di granoturco, qualcuno di nascosto gli portava il cibo e anche altri due fratelli più giovani subirono il “rastrellamento”, per grazia si sono salvati”.

“La casa della mia famiglia in Parma era a fianco di una caserma di Carabinieri che era stata occupata dai tedeschi, inoltre nella città erano oggetto di distruzione la stazione ferroviaria e un grande zuccherificio e c’era ogni sera il timore dell’aereo “Pippo” (Pippo era il nome con cui venivano popolarmente chiamati, nelle fasi finali della seconda guerra mondiale, gli aerei da caccia notturna delle forze Alleate che compivano solitarie incursioni nel nord Italia). In una circostanza siamo stati in rifugio per tre giorni. La cantina delle Maestre Luigine era un rifugio sicuro, che ospitava tanta gente e anche si pregava il rosario. Il 25 aprile, quando arrivarono gli americani, tutta la gente era sulle strade per applaudire e ricevere le tavolette di cioccolato”.

“Due mie zie avevano un’osteria in provincia di Udine. Ogni tanto eravamo ospiti presso di loro e ricordo che alla sera le mie zie, dopo aver acceso un lume a “carburo”, accoglievano nell’ambiente le donne del vicinato e si pregava il rosario per la pace. Voglio ricordare anche un fatto di cui sono stata testimone nel 1953, quando la guerra era già finita da 7 anni. Nel mio paese c’era un uomo che durante la guerra aveva inviato nei campi di concentramento diverse ragazze che aiutavano i partigiani. Mi trovavo nel negozio di mio padre quando udii dalla strada il grido di una donna che ripeteva: “Delinquente, assassino!”. Mi spiegarono che sulla strada passava l’ex fascista e da lontano l’aveva visto la mamma di una di queste ragazze”.

A cura di Sr. Gemma Bini
 

20-02-2023